Silvia Incontra: quando l’incontro diventa valore
Nel pieno della rinascita di Milano – e in un momento storico in cui il digitale aveva preso gran parte delle nostre giornate – la manager, influencer e storyteller milanese Silvia Berri ha trasformato una riflessione condivisa in un progetto concreto: Silvia Incontra.
Si è appena conclusa la edizione N. 35 a Milano, con un successo di pubblico in continua ascesa e con lei parliamo di come è nata l’idea, di come seleziona brand e artigiani, e di cosa significhi la parola “successo” e facciamo nostro il suo mantra: “Riconnettere le persone, dare voce al Made in Italy”
Come nasce l’idea di Silvia Incontra?
«L’idea è nata dopo un momento molto particolare per l’Italia, quando eravamo chiusi nelle nostre case e i social erano diventati l’unico strumento di appartenenza e condivisione. Con Donatella (Donatella Lucchi, imprenditrice e founder di Dodiciventuno ndr) abbiamo sentito forte il bisogno di riportare le persone a incontrarsi davvero: il distanziamento era fisico, non sociale. Così è nata la voglia di creare un format che rimettesse al centro la presenza, l’energia dello stare insieme. Silvia Incontra è nato dalla mia convinzione che l’insieme sia più forte della somma delle singole parti. È proprio questa unione itinerante – l’idea di fare rete e camminare insieme – che l’ha reso un progetto vincente.»
Cosa distingue questo format da altri eventi dedicati a moda e artigianato?
«È unico perché non è rivolto solo agli addetti ai lavori. È aperto al pubblico, al consumatore. Chi entra può incontrare direttamente i produttori, conoscere, provare, acquistare. Si saltano passaggi, si abbassano i prezzi, ma soprattutto si crea relazione. È un format che restituisce autenticità e accessibilità al Made in Italy.»
Qual è stato il momento in cui hai capito che SilviaIncontra stava diventando un successo?
«Dal primo evento, nel 2020, a Milano. Alle otto e mezza del mattino c’era già una coda incredibile fuori. È stato un segnale fortissimo. Lì ho capito che avevamo intercettato un bisogno reale: le persone volevano incontrarsi, condividere, tornare a vivere esperienze dal vivo.»
Come selezioni i brand e gli artigiani che partecipano alle edizioni?
«Tutti i brand sono italiani e devono rappresentare il vero Made in Italy. Scelgo aziende con un rapporto qualità-prezzo coerente, una filiera trasparente e un approccio gentile. Non basta la qualità del prodotto: voglio qualità nel servizio, nel packaging, nel modo di porsi. Mi piace circondarmi di realtà che riflettano valori e stile di alto livello.»

Quali storie di successo ricordi con più emozione tra quelle dei brand che hai ospitato?
«Ce ne sono tante. Donatella Lucchi, per esempio, ha lanciato la sua nuova linea di borse nel 2021 e oggi è un marchio riconosciuto a livello internazionale. Oppure Francesca Geraci, una donna che dopo aver cresciuto le figlie ha deciso di reinventarsi e ha creato un brand di abbigliamento oggi di successo.
Poi c’è Settimo Cielo, con cui collaboro dal 2018: un’azienda a conduzione familiare che ho visto crescere fino ad avere sette negozi, quaranta dipendenti e una distribuzione mondiale.
Ho visto tanti brand nascere e trasformarsi: come Alevà o Francesca Cutrera, che fanno bigiotteria di grande gusto. Mi chiedo spesso: come farebbero a emergere, da sole, nel mare magnum di offerte che ci sono oggi, nelle fiere piene di proposte simili? Queste aziende sono state intelligenti, hanno capito che dovevano affidarsi a qualcuno che le aiutasse a farsi conoscere. Alcune le conosco da poco, altre da trent’anni: oggi hanno centinaia di punti vendita nel mondo. Sono numeri importanti, ma soprattutto sono storie che cambiano il destino delle famiglie. Perché dietro a molti di questi brand ci sono mariti e mogli, madri e figli, persone che lavorano insieme, questa è la mia più grande soddisfazione.»
Quali sono state le difficoltà più grandi da affrontare nell’organizzazione?
«Non le chiamo difficoltà, ma organizzazione. L’evento è complesso, gestito da un team di professioniste che curano spazi, logistica, eventi. Io mi occupo del budget e del conto economico, mentre Donatella segue la parte organizzativa. La cosa più bella è che, pur essendo aziende tra loro concorrenti, all’interno di Silvia Incontra collaborano. Fanno comunicazione e co-marketing insieme, rispettando gli equilibri di ciascuno. È un piccolo miracolo di armonia e rispetto.»

Come riesci a mantenere intatta l’anima autentica del progetto, nonostante le pressioni commerciali?
«Grazie all’etica e alla professionalità. Faccio eventi da 35 anni, so quanto sia importante mantenere la rotta. Le aziende che partecipano condividono la stessa visione, e chi non la rispetta semplicemente non entra. È capitato raramente: uno o due casi in tutti questi anni. La forza del nostro format è proprio questa coerenza.»
In che modo Silvia Incontra valorizza il Made in Italy e il lavoro artigianale?
«Personalmente ho sempre valorizzato il Made in Italy, ma oggi lo faccio con ancora più convinzione. Ci sono artigiani incredibili in Italia, pieni di talento e sensibilità. Spesso da soli non avrebbero la visibilità necessaria — il canale televisivo non funziona più, le campagne costano troppo. Qui invece, grazie al co-marketing, si crea una rete che dà forza a tutti. L’unione, davvero, fa la forza. E questo progetto lo dimostra ogni giorno.»
Qual è il ruolo della tua visione personale e del tuo stile nel costruire l’identità dell’evento?
«Gestisco budget e progetti internazionali da sempre. In Silvia Incontra ho messo la mia professionalità, la mia esperienza e la mia estetica. Per me eleganza, organizzazione e autenticità devono convivere. La moda non è apparenza: è identità, è racconto. E io porto proprio questo.»

Come vivi il tuo doppio ruolo: influencer e “direttrice d’orchestra” di un format così complesso?
«Come vivo tutto nella mia vita: con naturalezza. Sono manager, influencer, organizzatrice, donna. Ho imparato a gestire più ruoli e a farli convivere. Ho un braccio destro eccezionale, Donatella, che mi permette di dedicarmi alla visione, ai rapporti, ai dettagli. È un lavoro corale, come un’orchestra.»
Quali rituali o abitudini ti aiutano a restare creativa ed energica?
«Vita equilibrata, orari regolari, alimentazione sana, sport. Non faccio eccessi e mantengo rigore: è parte di me. Se vivi bene, lavori meglio. La creatività nasce anche dall’ordine.»
Che futuro immagini per Silvia Incontra? Ci sono progetti di espansione o nuove formule?
«Sì. Quest’anno abbiamo preso uno spazio in via Statuto a Milano, che è come la “longa manus” di Silvia Incontra. Permetterà alle aziende di essere presenti sul territorio in modo continuativo, ogni settimana. È un passo avanti, un’espansione naturale. Stiamo anche lavorando a nuove collaborazioni e formule diverse mentre organizziamo l’edizione N. 36 a Padova.»
Come vedi l’equilibrio tra eventi fisici e digitali nel settore moda e lifestyle?
«Si completano. Il digitale amplia la visibilità, ma il fisico crea relazione. L’essere umano ha bisogno di contatto, di appartenenza, di continuità. Gli eventi fisici restano fondamentali, ma integrati con strumenti digitali diventano ancora più forti.»

Quale consiglio daresti a chi vuole avviare un progetto simile?
«Serve esperienza e grande capacità di lavorare con le persone. È un mondo fatto di equilibri, sensibilità, tempi. Non ci si può improvvisare: serve professionalità, visione e cuore.»
Per te, oggi, che cosa significa davvero “successo”?
«Significa essere perbene, avere etica, restare sé stessi. Il successo non è solo numeri o notorietà, ma libertà: avere tempo per la famiglia, per le passioni, per la vita. Significa non snaturarsi mai.»

Silvia Berri




