Editoriale Febbraio 2019 – Dell’Imperfezione
Eccoci al solito appuntamento dell’Editoriale del mese, quello che a voi lettori piace tanto perché, come in diversi mi avete scritto, è più personale. Bene, stavolta sul personale ci vado eccome e senza troppe riserve. Iniziamo.
Faccio una vita stressante. E ho avuto una vita negli ultimi anni che lo stress me lo ha sempre servito su un piatto d’argento. Nonostante nel mio piccolo, nel mio grande o nella mia breve vita, nulla mi è stato risparmiato. Malattia, morte, perdita, lutto, elaborazione del lutto, ritorno alla vita con le unghie e con i denti, ho avuto tutto. La gente però ama sindacare, intuire e immaginare solo in base alle fotografie che vedono sul mio profilo Facebook, su Instagram e qui, sul mag. Perché la gente, di fatto, ama vederti stare male o in sofferenza, mentre un profilo che sembra patinato innervosisce. Ma, d’altronde, ognuno fa vedere ciò che desidera, il peggio lo teniamo per noi stessi, nevvero? Però si è imperfetti nel mostrarsi e nel gestire quello che oltre che il mio lavoro, è il male dei nostri giorni: il social.
Ho avuto un infarto lunedì 21 gennaio, all’una di notte. Un infarto acuto del miocardio, senza nessuna lesione ne conseguenze perché probabilmente non era ancora la mia ora. Ho financo vissuto momenti migliori nella mia vita. Spero e credo che ne vivrò ancora di bellissimi, assieme ai miei farmaci che manco una vecchietta di 90 anni, e ai miei futuri controlli. C’è stato anche un episodio umano che mi ha segnata un poco. In questo caso si è imperfetti nel gestire le cose: avrei dovuto lasciare scorrere ciò che di fatto non mi tocca minimamente, né me né la vita di chi mi è accanto. Però si, avrei dovuto lasciar scorrere e capire e perdonare.
Mi sono sentita destabilizzata. Ho avuto contezza che non sono la roccia che pensavo di essere, che sono fragile e debole, e ciò che mi è accaduto ha potenziato il mio sentirmi precaria. Precaria nella vita, spesso inadeguata, talvolta con senso di inferiorità, debole di fatto, fragile e umana nel senso in cui non vorrei esserlo. Per questo si è imperfetti: l’apparenza inganna sempre e non è una foto ben fatta e un volto ben truccato e pettinato che può rivelare quello che c’è dentro. Chi lo pensa è un illuso.
Vivo una vita che è stata dolorosa e ora ha ritrovato la sua strada verso il futuro e nuova felicità grazie a chi me la cosparge di amore continuo e mi sopporta: il mio carattere, quanto di cui ho scritto sopra, la mia emotività, tutto il pacchetto completo. Vivere è complesso, è difficile, e tutto ciò che io voglio fare apparire agli altri facile, facile non è. Ho una immagine, è anche il mio lavoro, ma non si pensi che quella li, solo quella li che vedete, sia io. Io sono quella, più il resto.
Io sono quella che è sempre stata un passo indietro per non calpestare nessuno. Quella che ha sempre sorriso al prossimo anche quando il prossimo manco mi guardava. Quella che quando fa passare gli altri in coda e sorride, spesso non è nemmeno ringraziata. Quella che la sera davanti allo specchio ogni tanto mi faccio pena da sola a vedere occhi che tanto hanno pianto, e che ultimamente hanno di nuovo lacrimato. Quella che ha paura, semplicemente. Quella che ha sempre voluto essere un supporto per gli altri, e che non ha mai pensato a curare il suo, di supporto. Quella che agli altri ha imparato a dire sempre “va tutto bene”, senza aspettare mai rassicurazioni. Quella che si era costruita una splendida corazza intorno al cuore e che l’ha vista andare in mille pezzi come cristalli di vetro perché era tutta apparenza e nessuna struttura di base.
Quella che dietro alla foto perfetta, nasconde l’imperfezione dell’essere umano.
Photo cover Chiara Gasbarri